La Sentenza della Corte Costituzionale n. 109/2024 e il Giudizio di Legittimità Costituzionale sulla Legge Regionale Siciliana
- Fiorenzo Auteri

- 17 ago 2024
- Tempo di lettura: 3 min
La Corte Costituzionale con la sentenza n. 109 del 2024 ha affrontato un delicato caso di legittimità costituzionale che coinvolge la Regione Siciliana e lo Stato italiano. Il giudizio, promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri, riguardava due articoli della legge della Regione Siciliana n. 2 del 2023, meglio conosciuta come Legge di stabilità regionale 2023-2025. Gli articoli sotto esame erano il 36, relativo alle concessioni demaniali marittime, e il 38, riguardante le opere realizzabili nei parchi naturali della regione.
Il Contesto Normativo
L’articolo 36 della legge siciliana stabiliva nuovi termini per la proroga delle concessioni demaniali marittime, fissando la scadenza per la presentazione delle domande al 30 aprile 2023. Tale disposizione seguiva una serie di normative regionali precedenti che già avevano esteso la validità delle concessioni fino al 2033. Tuttavia, il Governo nazionale ha contestato la legittimità di questa proroga, sostenendo che essa violava i principi del diritto dell’Unione Europea, in particolare la Direttiva 2006/123/CE, la quale richiede che le concessioni siano assegnate tramite procedure imparziali e trasparenti. La normativa europea prevede infatti che le concessioni di beni pubblici, come le aree demaniali marittime, siano gestite in modo da garantire concorrenza e libertà di stabilimento.
La situazione si è ulteriormente complicata nel 2022, quando l’articolo 1 della legge n. 145 del 2018, che aveva stabilito la proroga delle concessioni fino al 2033, è stato abrogato dal legislatore nazionale in risposta alle incompatibilità con l’ordinamento comunitario. In questo contesto, la decisione della Regione Siciliana di prorogare ulteriormente le concessioni è stata interpretata dal Governo come un atto in contrasto con la normativa comunitaria e, quindi, con l’articolo 117 della Costituzione italiana, che vincola le regioni al rispetto degli obblighi internazionali assunti dallo Stato.
Le Critiche del Governo agli Articoli 36 e 38
Oltre all’articolo 36, anche l’articolo 38 della legge siciliana è stato oggetto di contestazione. Questo articolo modificava la normativa regionale sui parchi naturali, introducendo la possibilità di realizzare opere scientifiche dichiarate di interesse strategico dalla Giunta regionale, anche in deroga alle disposizioni di tutela del parco. Secondo il ricorrente, questa previsione era ambigua e incoerente, poiché consentiva deroghe ai vincoli paesaggistici stabiliti dallo statuto del parco, vincoli che spesso derivano da normative nazionali o europee di rango superiore.
Il Governo ha sostenuto che tale disposizione violava l’articolo 3 della Costituzione, sotto il profilo della certezza del diritto e della ragionevolezza, nonché l’articolo 9 della Costituzione, che tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Inoltre, si è fatto riferimento al Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004), il quale impone vincoli inderogabili di tutela, che devono essere rispettati anche dalle regioni a statuto speciale come la Sicilia.
La Decisione della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale ha affrontato in modo approfondito le questioni sollevate. Riguardo all’articolo 36, la Corte ha sottolineato l’importanza di conformarsi alla normativa dell’Unione Europea, la quale impone che le concessioni demaniali marittime non possano essere rinnovate automaticamente senza una gara pubblica. La Corte ha rilevato che la proroga dei termini per la presentazione delle domande di rinnovo delle concessioni, disposta dalla legge siciliana, rappresentava un ostacolo alla piena applicazione del diritto comunitario in Italia. Pertanto, la disposizione è stata dichiarata incostituzionale.
Per quanto riguarda l’articolo 38, la Corte ha evidenziato l’incoerenza della norma, che permetteva deroghe ai vincoli di tutela senza specificare chiaramente i limiti di tali deroghe. Questa ambiguità, secondo la Corte, minava la certezza del diritto e contraddiceva i principi di ragionevolezza, oltre a violare i vincoli di tutela paesaggistica stabiliti dalle leggi statali. Anche questa disposizione è stata ritenuta incostituzionale.
Conclusioni
La sentenza della Corte Costituzionale n. 109 del 2024 rappresenta un importante richiamo all’osservanza dei principi costituzionali e comunitari da parte delle regioni, anche quelle a statuto speciale come la Sicilia. La Corte ha riaffermato che la tutela del patrimonio paesaggistico e la conformità alle norme europee sono obblighi inderogabili per tutte le autorità legislative italiane, sottolineando la necessità di rispettare le procedure trasparenti e concorrenziali nella gestione dei beni pubblici. Questa decisione avrà certamente ripercussioni non solo sulla normativa regionale siciliana, ma anche sulle future politiche legislative in materia di concessioni demaniali e tutela del territorio.




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