Mutuo Solutorio: Datio Rei o Pactum de non Petendo ad Tempus?
- Fiorenzo Auteri

- 23 lug 2024
- Tempo di lettura: 2 min
La Seconda Sezione civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria del 10 luglio 2024, n. 18903, ha sollevato una questione di massima importanza riguardante la validità del cosiddetto mutuo solutorio. Tale questione, già oggetto di contrasto nella giurisprudenza delle Sezioni semplici, è stata rimessa al Primo Presidente per una eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Al centro del dibattito vi è la modalità di erogazione del mutuo solutorio, che prevede l’accredito su un conto corrente della somma necessaria a ripianare un pregresso debito del correntista nei confronti della banca mutuante. Questa ordinanza solleva interrogativi cruciali circa la qualificazione giuridica di tale operazione: essa può essere considerata una datio rei, ponendo il denaro nella disponibilità del mutuatario, oppure può essere interpretata come una mera operazione contabile, equiparabile a un pactum de non petendo ad tempus, che serve solo a procrastinare la scadenza dei debiti pregressi?
Datio Rei: Significato e Implicazioni Giuridiche
La datio rei è un concetto giuridico che implica il trasferimento effettivo di una cosa (in questo caso, denaro) nella disponibilità del destinatario. Nel contesto del mutuo solutorio, se si considera l’operazione una datio rei, ciò significherebbe che la somma accreditata sul conto corrente diventa effettivamente disponibile per il mutuatario. Questo comporterebbe che il mutuatario assume il controllo del denaro e ha la facoltà di utilizzarlo per estinguere il debito pregresso verso la banca mutuante.
La datio rei implica, dunque, una reale movimentazione e disponibilità delle risorse finanziarie, rendendo il mutuatario titolare del denaro ricevuto.
Operazione Contabile e Pactum de non Petendo ad Tempus
Al contrario, se l’operazione viene qualificata come una mera operazione contabile, essa non comporta un effettivo trasferimento di disponibilità finanziaria, ma solo una modifica nei registri contabili della banca. In questo caso, si tratterebbe di un pactum de non petendo ad tempus, ossia un accordo tra le parti che sospende temporaneamente l’obbligo del debitore di restituire il denaro, rinviando la scadenza del debito. Tale accordo, pur modificando la posizione debitoria, non altera la disponibilità effettiva delle somme da parte del mutuatario, che non riceverebbe realmente il denaro, ma vedrebbe semplicemente una proroga nei termini di pagamento.
L’Impatto sulla Giurisprudenza
La questione sollevata dalla Corte di Cassazione è di grande rilevanza pratica e teorica, in quanto tocca il cuore dei rapporti tra banca e cliente e le modalità di gestione dei debiti. Una qualificazione come datio rei avrebbe implicazioni significative in termini di responsabilità e gestione delle risorse finanziarie da parte del mutuatario. Al contrario, una qualificazione come operazione contabile e pactum de non petendo ad tempus modificherebbe sostanzialmente l’interpretazione dei contratti di mutuo e la gestione dei rapporti debitori.
Conclusioni
La decisione delle Sezioni Unite, attesa con interesse da giuristi e operatori del settore bancario, contribuirà a chiarire il quadro normativo e giurisprudenziale in materia di mutuo solutorio. La distinzione tra datio rei e operazione contabile qualificabile come pactum de non petendo ad tempus non è solo una questione teorica, ma ha implicazioni concrete sulla gestione dei rapporti finanziari e sulla tutela dei diritti dei debitori e dei creditori. In attesa di una pronuncia definitiva, è fondamentale che i professionisti del diritto seguano attentamente l’evolversi della giurisprudenza per fornire consulenze precise e aggiornate ai propri clienti.




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