L’accesso al suicidio assistito in Italia: Analisi della sentenza della Corte Costituzionale n. 135 del 2024
- Fiorenzo Auteri
- 23 lug 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Il 18 luglio 2024, la Corte Costituzionale ha depositato la sentenza n. 135, che rappresenta una tappa fondamentale nel dibattito giuridico sull’accesso al suicidio assistito in Italia. La sentenza ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal GIP di Firenze sull’articolo 580 del codice penale, confermando i requisiti stabiliti dalla storica sentenza n. 242 del 2019.
I Requisiti per l’Accesso al Suicidio Assistito La Corte ha ribadito che i requisiti per l’accesso al suicidio assistito rimangono quelli delineati nella sentenza n. 242 del 2019:
1. Irreversibilità della Patologia: Il paziente deve essere affetto da una patologia irreversibile.
2. Sofferenze Intollerabili: Il paziente deve essere afflitto da sofferenze fisiche o psicologiche che ritiene intollerabili.
3. Dipendenza da Trattamenti di Sostegno Vitale: Il paziente deve dipendere da trattamenti di sostegno vitale.
4. Capacità Decisionale: Il paziente deve essere capace di prendere decisioni libere e consapevoli.
La Sentenza n. 135 del 2024 e la Sua Ratio
La Corte ha precisato che la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale deve essere interpretata in conformità alla ratio della sentenza del 2019. Ciò significa che tale requisito non si applica in modo rigido, ma deve essere considerato nel contesto del diritto fondamentale del paziente a rifiutare ogni trattamento sanitario, indipendentemente dalla sua complessità tecnica e invasività. Questo include anche procedure meno invasive come l’evacuazione manuale, l’inserimento di cateteri o l’aspirazione del muco dalle vie bronchiali, purché la loro interruzione porti prevedibilmente alla morte del paziente in un breve lasso di tempo.
Il Bilanciamento tra Autodeterminazione e Tutela della Vita Umana
La Corte ha escluso che il requisito della dipendenza da trattamenti di sostegno vitale crei irragionevoli disparità di trattamento tra i pazienti, sottolineando che la sentenza n. 242 del 2019 non riconosce un generale diritto di terminare la propria vita in ogni situazione di sofferenza intollerabile. Piuttosto, essa consente l’accesso al suicidio assistito a quei pazienti che, pur mantenendo intatte le proprie capacità decisionali, già hanno il diritto di rifiutare il trattamento necessario per sopravvivere.
Il Diritto alla Vita Privata e la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo
La Corte ha altresì affrontato la questione della violazione del diritto alla vita privata riconosciuto dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Richiamando la sentenza della Corte di Strasburgo nel caso Karsai contro Ungheria, la Corte ha confermato che l’incriminazione dell’assistenza al suicidio non viola il diritto alla vita privata, riconoscendo agli Stati un ampio margine di apprezzamento nel bilanciamento tra questo diritto e la tutela della vita umana.
Il Ruolo del Legislatore e le Cure Palliative
Infine, la Corte ha sottolineato che il compito di bilanciare il diritto all’autodeterminazione con il dovere di tutela della vita umana spetta primariamente al legislatore, nel rispetto della cornice giurisprudenziale delineata dalla Corte stessa. Ha inoltre ribadito l’importanza di garantire a tutti i pazienti un accesso effettivo alle cure palliative appropriate per controllare la loro sofferenza, come previsto dalla legge n. 38 del 2010.
Conclusioni
La sentenza n. 135 del 2024 rappresenta una conferma della posizione della Corte Costituzionale sul delicato tema del suicidio assistito, ribadendo i requisiti già stabiliti e sottolineando la necessità di un’attenta interpretazione e applicazione degli stessi. Essa affida al legislatore il compito di individuare il giusto equilibrio tra autodeterminazione e tutela della vita umana, auspicando al contempo un’adeguata attuazione delle cure palliative.
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